Un disco rotto che si ripete

Un disco rotto che si ripete

Di Marco Cannaviccio

Parlare, scrivere e analizzare le prestazioni della Lazio ormai sta diventando ripetitivo e noioso. Partite uguali l’una all’altra, stesso ‘’non gioco’’, identica lentezza e campionato che, senza una vera e propria sterzata, terminerà nell’anonimato più assoluto. Sia a Milano, dove si è pareggiato, che in casa contro Cagliari e Genoa, le prestazioni della squadra sono state identiche, nonostante i risultati diametralmente opposti. Continua a mancare il gioco, il centrocampo non sa cosa fare col pallone, mancano i movimenti senza palla, i giocatori non si capiscono, la difesa è inguardabile (anche a causa di una serie interminabile di infortuni ndr), l’attacco è sterile e tutto sulle spalle di Klose; con questi presupposti il futuro può essere solo che nero. Petkovic non sembra in grado di invertire la rotta, anzi ogni partita giocata è un film già visto, con tutte le lacune che riappaiono e brillano come luce nella notte. Dal punto di vista delle scelte, pur considerando che fin da agosto non sono mai stati disponibili tutti i calciatori della rosa, alcune decisioni continuano a creare perplessità: si snobba l’elemento più in forma, ovvero Keita, il quale ogni qualvolta che entra in campo dà una scossa e crea pericoli alle difese avversarie risultando il più attivo dei suoi, ma non lo si fa mai partire dal primo minuto, preferendogli Felipe Anderson e Floccari. Anderson sta dimostrando che per il momento non si è assolutamente ambientato nel calcio italiano; ha tecnica è vero, ma gioca con ritmi lenti, passeggia e molte volte sembra spaesato. Floccari invece, se inserito da esterno d’attacco, risulta a dir poco inutile: lento, in un ruolo non suo, un suo impiego in quella zona del campo risulta essere assolutamente fuori luogo, scelta che però inspiegabilmente Petkovic continua a riproporre invece di puntare su un ragazzo fresco e capace di fare la differenza come Keita. I problemi però, come già ampiamente ribadito altre volte, non sono solamente di natura tecnica, ma sono ben più profondi: la squadra, oltre a non avere un minimo di gioco, schemi e manovre decenti, risulta sempre abulica, lenta, svogliata e senza grinta. Continuiamo a ripetere che il rischio di uno spogliatoio che non segue più il tecnico ci sia e che, se tale ipotesi venisse confermata, dovrebbe portare all’allontanamento anticipato del mister, essendo questa l’unica soluzione percorribile in questi casi. Di sicuro però, se cosi non fosse e se quindi la squadra avesse piena fiducia nella propria guida tecnica, sarebbe da andare a Formello e cercare di entrare nelle teste dei diretti interessati per capire cosa può portare una squadra formata da buoni elementi e che si conoscono da due anni a non riuscire a mettere due passaggi di fila nemmeno per sbaglio.

Marco Cannaviccio
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