Zeman non è il solo ad avere delle colpe

Zeman non è il solo ad avere delle colpe

Di Fabrizio Landolfi

Zdenek Zeman ha commesso degli errori, i risultati ottenuti dalla squadra sono scarsi, addirittura più deludenti rispetto a quelli dello scorso anno. Ha sbagliato a preferire un portiere come Goicoechea al più esperto Stekelenburg: l’olandese, da quando gioca nella Roma, non ha mai fatto la differenza come ci si aspettava al suo arrivo, ma dava comunque un pizzico di sicurezza in più rispetto all’altro. Il tecnico boemo, inoltre, ha curato troppo poco la fase difensiva, proprio a livello di organizzazione. Purtroppo nel calcio non basta schierare la difesa alta e chiedere ai giocatori di alzare la linea del fuorigioco, per neutralizzare gli attacchi avversari. Bisogna anche essere abituati a chiudere, anticipare e contrastare. Zeman ha avuto anche diversi attriti con alcuni giocatori, che sicuramente hanno i loro torti, ma il fatto dimostra una difficoltà del tecnico nel gestire lo spogliatoio. Premesso tutto ciò, la dirigenza della Roma, ovvero quella dirigenza che ha deciso di affidare la squadra al boemo, quando conosceva bene il modo di intendere il calcio di quest’ultimo, può essere esente da colpe? La risposta è no. Il progetto di questa società, delineato ed iniziato ben prima che arrivasse Zeman, è fallimentare. Occorre cambiare rotta, prima possibile, altrimenti il cambio di allenatore sarà fine a sè stesso. Per costruire una Roma vincente occorre tempo, ma occorrono anche grandi acquisti. Un mercato fatto di tante certezze e poche scommesse, come quello che fece Franco Sensi nell’estate del 2000, portando a Roma calciatori come Batistuta, Emerson e Samuel, da affiancare ad altri campioni che già erano in rosa, vedi Totti, Montella, Cafu e Candela. Oltre a questo, va ricordato che la scorsa estate Baldini e Sabatini hanno scelto Zeman come allenatore, ma hanno costruito una squadra inadatta al gioco del tecnico boemo, per il quale questa è una giustificazione solo in parte, poichè ha partecipato anche lui alle scelte fatte sul mercato. Nella rosa della Roma mancano gli esterni offensivi: Osvaldo e Destro sono attaccanti inadatti, per le loro caratteristiche, a giocare sulle fasce, così come lo stesso Francesco Totti, nonostante la classe immensa, non è un esterno di ruolo. L’unico attaccante adatto a giocare sulla fascia è Erik Lamela, giocatore che ha dimostrato grandi doti tecniche ma ben poca continuità, oltre a quel Nico Lopez che ha trovato ben poco spazio. Al centrocampo giallorosso manca la qualità, manca un giocatore capace di impostare le azioni dal centro, un centrocampista come Pizarro, come Pirlo, tanto per citare dei nomi. Poi Zeman ha insistito con l’idea di far giocare Tacthsidis nel ruolo di regista, nonostante il greco non abbia le qualità giuste per quel ruolo. Nella Roma ci sono tanti centrocampisti di rottura, come Bradley, Florenzi e lo stesso De Rossi, ma manca appunto il classico regista. Per quanto riguarda gli esterni difensivi, si è puntato su Piris e Balzaretti, che non stanno rendendo come si sperava, mentre Dodò, oltre ad essere stato fermo per lunghi mesi, è risultato del tutto inadeguato alla fase difensiva. Il brasiliano nella partita contro il Cagliari ha fatto il suo esordio da titolare, ma in campo si è visto ben poco, forse anche a causa di una condizione fisica ancora lontana dal top. Questo è un altro punto su cui è stato criticato Zeman: l’aver dato fiducia a Dodò, anzichè al nuovo arrivato Torosidis. Eppure, qualcuno dovrà pur spiegarci quando arriverà, il momento in cui Dodò potrà giocare dall’inizio, riuscendo a correre per più di qualche decina di minuti. In estrema sintesi, questa squadra ha dei difetti, dunque i dirigenti che l’hanno costruita non possono essere considerati incolpevoli riguardo ai risultati ottenuti. E’ il caso di parlare anche dei giocatori, perchè nonostante gli errori della guida tecnica e della società, chi va in campo non può essere esente da colpe, quando una squadra partita con l’idea di giocarsela con tutti si trova all’ottavo posto. E’ abbastanza chiaro che i giocatori della Roma, o meglio una parte di essi, non fossero in sintonia con Zeman. Addirittura, secondo un’opinione piuttosto diffusa, nelle ultime partite hanno giocato contro l’allenatore. Probabilmente la maggior parte dei calciatori, pur essendo pagati profumatamente per il loro lavoro, non gradiscono gli allenamenti lunghi e faticosi, le doppie sedute, i famosi gradoni e tutto quello che fa parte del modo di allenare di Zeman. Eppure, dai tempi di Spalletti ad oggi, abbiamo sentito più volte parlare di giocatori che in partita e in allenamento non si impegnano abbastanza, di giocatori viziati che “non vogliono correre”, di giocatori che “giocano contro l’allenatore”. Ma va sottolineato che, dai tempi di Luciano Spalletti ad oggi, la Roma ha cambiato più volte quasi tutti i giocatori. 


Gli unici ad aver giocato con il tecnico toscano, tra gli uomini della rosa attuale, sono Totti, De Rossi, Burdisso, Taddei e Perrotta. Per il resto, si è avuto molto ricambio lo scorso anno quando arrivò Luis Enrique, ed altrettanto quest’anno quando è arrivato Zeman. Dunque ci si domanda: è mai possibile che tutti i giocatori svogliati, che giocano contro l’allenatore per motivi personali, vengano a giocare alla Roma? Se la risposta è si, c’è davvero qualcosa di strano. Negli ultimi anni della gestione Sensi, ci si lamentava di atteggiamenti di questo tipo da parte dei giocatori, e si incolpava una società giudicata troppo poco autorevole. Nel frattempo è cambiata anche la società, ma a proposito del comportamento dei giocatori sentiamo gli stessi discorsi. Sabatini e Baldini devono lavorare meglio ed essere più chiari nei confronti del pubblico su cosa bisogna aspettarsi, a breve termine, da questa Roma. Da parte sua, la proprietà americana deve fare in modo che non si senta più la mancanza di un punto di riferimento nella società. Non basta affidarsi ad un direttore generale e ad un direttore sportivo; quando si ha in mano una squadra come la Roma, bisogna esporsi più direttamente con i giocatori e con il pubblico. 

Fabrizio Landolfi
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