Inter, analisi di una crisi

Inter, analisi di una crisi

Di Mauro Giordano

Emma Marrone ha vinto il 62esimo Festival di San Remo con la canzone «Non è l’inferno». Dalle parti di Appiano Gentile non posso essere così ottimisti, visti i recenti risultati della squadra. I numeri parlano chiaro, nelle ultime 5 giornate è arrivato solo un punto, frutto di un pareggio casalingo contro il Palermo. Per il resto sconfitte esterne contro Lecce e Roma, e poi l’ultima terribile accoppiata, con una doppietta di ko casalinghi con Novara e Bologna. Al di là delle miriadi di discussioni e analisi che si possono aprire, a far preoccupare dovrebbe essere la caratura degli avversari. A parte la Roma, temibile nella sua discontinuità, capace di imporre una severa lezione di calcio agli uomini di Ranieri, le altre squadre sono tutte pretendenti alla salvezza, o alla meglio, vedi Palermo, rose da metà classifica. L’Inter però, ha offerto prove che definire incolori è abbastanza riduttivo, soprattutto per la mancanza di organizzazione messa in mostra. In alcuni casi, come il Novara, c’è stata anche un po’ di sfortuna, ma alla base rimane una seria e profonda crisi di gioco, mai del tutto passata, ma sopperita durante il filotto di 7 vittorie consecutive da una buona solidità difensiva. Adesso la salita per raggiungere il terzo posto ha visto aumentare vertiginosamente la pendenza, anche il Napoli ha scavalcato i nerazzurri, fermi a 36 punti, e potrebbe farlo anche la Roma. Inoltre la sciagurata serie negativa non ha permesso di sfruttare l’attuale appannamento dell’Udinese, a tutto vantaggio della Lazio, a 42 punti in attesa di affrontare il Palermo.

SOCIETA’ ASSENTE, SPOGLIATOIO ANARCHICO – Procedere a un nuovo cambio in panchina non sembra essere la soluzione dei problemi. È abbastanza evidente che il problema sono alcuni, forse molti giocatori. Appaiono svuotati e anarchici rispetto alle disposizioni tattiche. Non può avere altre spiegazioni la mancanza di disponibilità dimostrata verso tre degli ultimi quattro allenatori: Benitez, Gasperini e ora Ranieri non sono pessimi tecnici ma si sono scontrati con un ambiente privo di organizzazione. Leonardo era invece riuscito a ricucire la trama abbandonata da Mourinho, ennesima dimostrazione che chi siede sulla panchina nerazzurra deve essere un trascinatore e motivatore anche fuori dal campo. In più è pesata la gestione intrapresa dal presidente Moratti.


PANCHINE BOLLENTI – Cessioni importanti mal sostituite e soprattutto incomprensioni sulle strategie di mercato e sulla progettazione con gli allenatori. Sia Benitez che Gasperini, scelti già in estate, hanno avuto entrambi modo di lamentarsi per le promesse fatte, e mai mantenute dal patron. Resta un mistero l’allontanamento di Lele Oriali dalla dirigenza, più volte rimarcato dalla tifoseria. Sembra essere tornati indietro di dieci anni, e a distanza di tempo Moratti sembra non aver capito molto dai suoi errori: quando si sceglie un allenatore si sposa un intero progetto, quindi meglio decidere con giudizio e non farsi prendere dalla fretta. In realtà nel post Mourinho era stato cercato Fabio Capello, ma niente. Si optò per Benitez, una scelta saggia visto il curriculum dello spagnolo, però subito nacquero incomprensioni che sfociarono platealmente dopo la vittoria del Mondiale per club. Stesso errore commesso con Gasperini, criticato per scelte tattiche (ovvero l’uso del 3-4-3), ampiamente prevedibili. Ora iniziano a circolare i primi nomi per il futuro: da Guardiola a Villas Boas, ripassando per Capello e pensando a Blanc. Tutti per giugno, mentre per portare a termine la stagione si parla di una soluzione interna con Baresi e Figo, oppure la scommessa Walter Zenga. E mercoledì c’è la sfida in Europa contro il Marsiglia.

GIOCATORI COLPEVOLI – Premessa: senza Eto’o e Thiago Motta l’Inter si è indebolita. A questo deve essere aggiunta l’avanzamento anagrafico di giocatori che appena due anni fa sono riusciti a conquistare l’Italia, l’Europa e il mondo. In corso Vittorio Emanuele di nomi ne sono arrivati tanti, ma pochi stanno lasciando il segno. A parte Pazzini e Nagatomo, gli acquisti delle ultime sessioni di mercato hanno fallito. Dispiace dirlo per Forlan che non può essere quello visto finora in maglia nerazzurra, mentre un discorso a parte lo meritano Ranocchia e Poli. I due hanno bisogno di essere aiutati, soprattutto il difensore, in difficoltà e colpevole di errori gravi ma dalle qualità indiscutibili. Rimane uno dei migliori italiani in quel ruolo e non credere più in lui sarebbe un grave errore. D’altronde anche due come Lucio e Samuel non stanno facendo delle belle figure. A centrocampo persiste la mancanza cronica di qualità e il nervosismo di Sneijder non aiuta. L’olandese sembra destinato a dover vestire un’altra maglia, probabilmente quella del Manchester United, e le sue prestazioni rivelano un certo malessere. Certamente quando gioca rimane tra i più positivi. Cambiasso e Zanetti sono quasi sempre sufficienti, ma bisogna trovare anche quelli del futuro, mentre l’arrivo di Palombo offre un buon rincalzo. In attacco invece oltre Milito si vede ben poco, ma Pazzini deve essere sostenuto di più. Invece non si capisce perché sia stato preso Zarate, mentre Alvarez dopo qualche partita in crescita sta subendo un’involuzione preoccupante.

Mauro Giordano

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