Juan: "Resto ancora cinque anni" (Il Romanista)

Juan: «Resto ancora cinque anni»

Il difensore alla tv brasiliana: «Sogno di chiudere al Flamengo
Ho avuto troppi infortuni per questo non vado alle Olimpiadi»

Di Daniele Giannini
«Io ho visto nascere Juan». Inizia così, con questi
toni enfatici, l’intervista-racconto al difensore
giallorosso che, a Rede Globo, racconta del suo
passato, del futuro, della Roma, della Seleçao. Accanto a
lui, a bordo piscina, la moglie Monique e il figlio, il piccolo
Joao Lucas (che gli somiglia tantissimo). In questi giorni
il brasiliano è a San Paolo, al Reffis, il centro medico del
club tricolor, per un lavoro di potenziamento muscolare
in vista della nuova stagione. La sua seconda in giallorosso
che tutti si augurano non sia segnata dagli infortuni come
quella da poco conclusa. La Coppa America giocata nell’estate
2007, il cambiamento nelle metodologie di allenamento,
oppure semplice casualità, sfortuna, fatto sta che
nel primo anno al posto di Cristian Chivu, lo ha sostituito
in tutto e per tutto. Infortuni compresi. «La prima metà
del 2008 è stata molto difficile per via di numerosi problemi
fisici - spiega lui - a gennaio mi sono fatto male alla caviglia,
sono stato fuori quasi due mesi, ogni volta che tornavo
avevo dei problemi, anche al polpaccio. Insomma negli
ultimi sei mesi non ho potuto giocare con continuità.
E questo è stato uno dei motivi per i quali non mi hanno
fatto andare alle Olimpiadi. Perché se non facessi il precampionato
con il resto della squadra rischierei di farmi
male nuovamente». E invece quest’anno servirà il miglior
Juan, quello che abbiamo visto solo a sprazzi. Un calciatore
poco appariscente ma di straordinaria qualità ed utilità.
Un giocatore che non avrà neppure il problema dell’adattamento
ad una nuova realtà che ormai conosce bene. A
Roma sta lentamente cominciando a sentirsi a casa anche
la moglie che, tirata in ballo dall’intervistatore della tv brasiliana,
ha spiegato: «Anche l’Italia ha le sue difficoltà, abbiamo
vissuto cinque anni in Germania e ci eravamo abituati
al modo di vita tedesco. Adesso ci stiamo abituando
alla vita romana». E il piccolo Joao Lucas? «Lui adesso va
a scuola, ha gli amici. Già sa parlare l’italiano, sicuramente
meglio di noi. Si è ambientato, in Germania faticavano
a chiamarlo Joao, in Italia in classe lo chiamano Gianluca.
Joao Lucas non esiste più... ora c’è Gianluca, il nostro figlio
italiano».
Gianluca si è ambientato, Monique avrà almeno altri
tre anni per farlo, quelli del contratto che legano Juan e la
Roma. Poi? Lui ha già in mente il suo futuro: «In linea di
massima voglio restare altri 5 o 6 anni in Europa (quindi
fino a quando ne avrà 34 o 35, ndr) per poi proseguire la
mia carriera altrove. Dove? Magari in altri Paesi da esplorare,
il Giappone ad esempio». Insomma il giorno in cui
appenderà gli scarpini al chiodo è ancora lontanissimo:
«Non ho ancora pensato esattamente per quanti anni giocherò.
Lo farò fino a quando riuscirò a mantenere un buon
livello, finché giocherò bene. Mi piacerebbe tornare un
giorno a giocare in Brasile, al Flamengo. Ma nel calcio possono
succedere tante cose, non si può dire cosa accadrà tra
5 anni, certo finire nel Flamengo sarebbe un sogno».
Nel frattempo ci sono la Roma, con la quale fare l’ultimo
balzo in avanti verso il primato, e la Nazionale. Quella
che negli ultimi mesi gli ha riservato più dolori che gioie.
Su tutti i fischi del pubblico a Belo Horizonte durante la
partita pareggiata con i rivali storici dell’Argentina. Un
match che arrivava dopo la brutta sconfitta contro il Paraguay.
Fischi che non sono andati giù a molti giocatori della
Seleçao. «Capisco i tifosi - dice Juan - la loro passione è
enorme. Però non è stato bello sentire che applaudivano i
nostri rivali dentro casa nostra». Con gli ultimi passi falsi
il cammino
verso il Sudafrica
si è
fatto insidioso,
ma il
difensore
giallorosso
non sembra
avere timori:
«Non
penso che il
Brasile rischi
di non
qualificarsi,
abbiamo ancora
12 partite e le squadre che sono davanti non sono lontane.
Già a settembre contro Cile e Bolivia vogliamo fare
sei punti per rientrare subito tra le prime quattro. Il calcio
brasiliano è sempre il migliore, solo quello argentino può
rivaleggiare in quanto a qualità, basta vedere quanti giocatori
ogni anno vanno a giocare nelle migliori squadre d’Europa
». Eppure negli ultimi tempi questa superiorità non
si è vista. «Dobbiamo cambiare, abbiamo un debito coi tifosi.
Ma a settembre la storia sarà diversa. I campionati saranno
iniziati e la nostra condizione fisica sarà superiore.
Primo appuntamento il 7 settembre dopo l’esordio in campionato.
Ricominceranno dunque le trasvolate oceaniche,
quelle massacranti per il fisico e per i muscoli. E’ per questo
che Juan sta lavorando a San Paolo. Per rinforzarli, per
reggere i ritmi di una stagione in cui dovrà tornare ad essere
protagonista.

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